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sabato 21 settembre 2013

Roma



Roma bella Roma mia che me pari na poesia,
T’ho sognata l'artra notte co’ le strade tutte rotte.
Ero a cena a casa mia e poi me ne annavo via.
E giravo pe’i quartieri, l'aria n faccia de settembre.
Incontravo poi l'amici me facevo du’ risate.
Giro l'occhi ce sta ‘r fiume co’ più machine che acqua,
M’arivorto di repente me compare er cupolone.
Mamma Roma core mio me nasconni ‘a tristezza.
Riaccennevo er motorino e passavo ‘pe Trastevere.
Guarda là li regazzini se diverteno pe’ strada.
C'è la gente che smadonna pe’ trovà da parcheggià.
Roma cara, bella mia t'accarezzo passeggiando.
Passi er ponte guardi er Tevere co’ la luna che se specchia.
I ratti s’arincorono e li gatti fanno ‘n coro.
Camminando ‘n artro po m'aritrovo da Baffetto.
C'ho ‘n certo languorino ma la coda è troppo lunga.
Non c'ho tempo devo annà c'è la notte che m'aspetta.
Le stelle nun le vedi ma le senti sulla pelle.
Mentre passi pe ‘na piazza te saluta er sor Pasqino.  
Berinini s’aripara, Sant'Agnese apre le gambe 
pe’ mostratte quanto è bella, Roma, pure sottotera.
La tua storia s’arespira, io sospiro e passo ortre.
Passo pe' Campo de’ Fiori e saluto zio Giordano.
Me perdo pe’ li vicoletti e me guardo le botteghe.
Sento ride’ ‘na vecchietta, sento urlà ‘na regazzina.
Torno ar fiume ‘o riguardo e ci incontro Gabriele.
Mentr’aripone a spada e me dice “va’ ch’è tardi”.
Arisargo ‘n motorino, svicolando tra le genti.
Passo appena pe' via Cola vedo casa da lontano.
Poi me svejo er cielo grigio, 5 gradi de settembre.
Roma bella, Roma mia c’ho creduto tutta notte.
‘Nn ce stai quanno me arzo, ma t’aritrovo, t’o prometto.

martedì 2 aprile 2013

quando si dice il tempismo


lui "lavorava da casa" che vuol dire giocava ai videogiochi tutti il santo giorno tra sonnellini una cannetta i simpson e le partite, io tornando dall’ufficio andavo anchea fare la spesa, ma specifico non era un nullafacente lavorava davvero in mezzo ai suoi svaghi (per onesta' intellettuale devo dirlo). Da aggiungere alla premessa il suddetto uomo era vegetariano, cosa da me sempre accettata e sostenuta da una cucina vegetarian-friendly in casa.
Un giorno finito di lavorare lo chiamo e gli chiedo "sto al supermercato buono che vuoi che compro?"
risposta "bho che ne so le solite cose"
Io da brava ragazza leggo tutte le etichette per comprare cose vegetariane che non contengano neanche una lieve traccia di carne o pesce ( io non sono vegetariana)
passo davanti ai formaggi e scelgo quelli buoni naturali biologici e quindi costosi  (che non mangio perche’ intollerante al lattosio)
compro il latte (di mucca che non bevo)
compro le uova (che praticamente non mangio quasi mai)
insomma arranco a piedi fino a casa con 2 bustoni pieni di cibo programmando gia' una buona cenetta per coccolarci un po' e tirarci su il morale arrivo a casa sudata e stanca e mentre ero ancora con il cappotto e le buste in mano mi annuncia: 
“comunque io da stasera a cena divento vegano”
Rispondo:
“queste sono le informazioni che si danno a chi ti chiama dicendo: sto facendo la spesa cosa vuoi che compri?”
risponde:
“vabbè dai l'ho deciso dopo la tua chiamata”

sono andata in bagno a piangere facendo finta di fare la doccia perche’ non avevo parole.



venerdì 22 marzo 2013

...non ci puoi fare niente e' nella natura dello scorpione



Bastano poche parole,
il sangue gira nel verso opposto
si macchia di scuro
non e’ piu’ difesa
il veleno ti coccola dall’interno
scava lo spazio alla pace
urla e medita lunga vendetta

martedì 5 marzo 2013

come finirà

“e vorrei che io e te rimanessimo amici - disse lei dolcemente - non banali amici quello che ci lega è molto di più vorrei che tu fossi parte della mia vita per sempre: il mio confidente, il mio rifugio, la mia persona speciale dove posso scappare dalla mia vita e trovare un abbraccio”

“io degli amici per questo, io non posso essere tuo amico, io non voglio essere tuo amico, non sarebbe vero, non sarei io - disse lui con un triste sorriso serioso - te lo dico io come finirà: io scapperò lontano e ti scriverò per sempre, come faccio da sempre, ma sempre più di rado. Come fossi un diario cui confesso i miei più intimi pensieri. Tu non mi risponderai. Ci incontreremo poche volte e rideremo e berremo troppo vino e piangeremo un po’ e farà di nuovo teneramente male ritornare alle nostre vite lontane l’una dall’altra. Ogni tanto penseremo ‘e se non ci fossimo mai lasciati?’ con un po’ di malinconica dolce rabbia di non avere una risposta e di non poterla avere mai, dopo poco tutto tornerà normale e continueremo a camminare senza voltarci, perchè quella risposta non la vogliamo, perchè voltarsi sarebbe correre un rischio troppo grande: quello di incontrarsi di nuovo”

giovedì 7 febbraio 2013

Una musica brutal

I Gotam Project riecheggiano nella stanza sapori del Sud, sapori di terre che ti aspettano, sapore di notti calde e passione.
Mentre il cuore si allinea al ritmo di questo tango e il corpo chiede di muoversi e appoggiarsi ad un uomo che sapientemente ti faccia danzare permettendoti di liberare la femmina che è in te guidandoti a lascivi delicati movimenti che si confondono con gli sguardi di una milonga che osserva affascinata.
Ricordi di amici al momento lontani ricordi di una birra seduti accanto ridendo, ricordi di un sorriso che ti scalda il cuore, ricordi di parole sagge dette da un ubriaco, ricordi di baci dati troppo per gioco, ricordi di una danza folle dove l’amicizia e il sesso si sono confusi mentre senti un accento diverso e dolce pronunciare il tuo nome, ricordi di mezze verità sussurrate sapientemente all’orecchio e un brivido che sale ancora sulla schiena mentre cadi in una trappola di charme rum e musica.
Dolce delicata trappola che ti avvolge di seta, infida sottile che vedi e non vuoi vedere, abbandonarsi così al respiro di un uomo tra i tuoi capelli dietro la nuca, sentire un braccio che ti tiene in equilibrio forte e fermo mentre lascivamente la tua gamba scivola tra le sue, un gioco pericolosamente piacevole, assolutamente soli circondati da una festa.
Dolce caldo accento del Sud del mondo, dolce caldo corpo a che si muove al tuo stesso ritmo, dolce caldo suono latino che trascina le anche e fa avvicinare i volti, respiri vicini e occhi negli occhi, occhi scuri che ti raccontano da soli un’erotica storia che non è ancora accaduta, e mentre un sospiro quasi si blocca nel petto, non deve uscire e rovinare questo gioco, sei costretta sempre più vicina in un continuo muoversi dove due corpi diventano uno. Le mani si incontrano e le ritrovi dietro la schiena intrecciate a dita che poco prima non avevi mai notato. I respiri sono così vicini e lo sguardo è una sola linea tra due volti mentre le labbra formano un sorriso di piacere, i corpi rallentano per conoscersi meglio e  non correre il rischio di allontanarsi, per imparare a godere del minimo  movimento dell’altro.
Poi in un istante il mondo è vuoto attorno, la parete è dietro la tua schiena e hai sorprendentemente la testa china sulla spalla offrendo il collo e i tuoi seni ad un uomo che mentre con una mano trattiene i tuoi capelli fa scivolare le labbra sulla tua pelle nuda e calda sciogliendo nel tuo orecchio dolci bugie.

Ovviamente tu sai che non è vero, ovviamente tu sai che questo uomo se ne andrà, ovviamente tu sai che musica alcol e la danza hanno creato una finta magica atmosfera, ma non ti importa neanche un po’ perchè il fuoco è accesso e non si spegnerà fino a che ci sarà da bruciare.

domenica 17 luglio 2011

Mulini




Sono Don Chisciotte
E affronto la morte
Con il mio impavido destriero
Combatto l’uomo nero
E se son solo mulini
io li faccio a pezzettini
il mio fido aiutante
non considera la mia mente
pensa solo a mangiare
e molto spesso a riposare

Poesia




Averti addosso
Come una foglia morta
Come la vita
Come una parola persa

Sentirti dentro
Come una botta presa
Come un respiro
Come un brutto pensiero

mercoledì 13 aprile 2011

bambini

Ho visto bambini che non sapevano giocare, ho visto bambini crescere troppo in fretta, ho visto bambini non crescere neanche da adulti, ho visto bambini piangere e ridere, ho visto bambini picchiarsi per una carezza, ho visto bambini che non avevano mai visto una matita colorata, ho visto bambini con occhi da anziani, ho visto bambini guardarmi e sperare che io potessi cambiare il loro mondo, ho visto bambini guardarmi e chiedermi più di quello che potevano accumulare, ho visto bambini bere acqua da una pozzanghera, ho visto bambini buttare per terra un succo di frutta perché non gli piaceva, ho visto bambini giocare con uno scarafaggio, ho visto bambini giocare con le foglie, ho visto bambini non uscire di casa per giocare ai videogiochi, ho visto bambini chiedere perché, ho visto bambini rispondere ai perché degli adulti, ho visto bambini aprire le braccia verso di me con gioia, ho visto bambini scappare a nascondersi incontrando qualcuno, ho visto bambini orgogliosi di cicatrici, ho visto bambini disperarsi se inciampano.

Ho visto tanti bambini, ho amato tutti questi bambini, vorrei vedere gli adulti preoccuparsi di ognuno di loro e prendersene cura perché possano solamente sorridere.

martedì 22 marzo 2011

c'è sempre musica

c'è sempre musica
muove il corpo, lo comanda
la mente si distrae
ha vita propria, devi solo seguirla

note di orchestre
linee fluide, morbide e decise
è pura bellezza


mescolare arte
mescolare il corpo
confondere il palco con una roda


note ancestrali
dialoghi a due, scambi di energia
è potente bellezza

c'è sempre musica
sveglia la mente, la comanda
il corpo si distrae
ha vita propria, devi solo seguirlo.

venerdì 4 marzo 2011

ricodi di un'infanzia al Fondo Grande

Te la ricordi la luce che filtrava tra rami e foglie nel boschetto dietro il condominio? Te li ricordi i tavoli su cui correvamo per poi saltare giù fingendo di essere superman? Ti ricordi gli infiniti tornei a calcio balilla la sera in sala giochi? Te lo ricordi il parco giochi con le altalene lo scivolo, la giostra? Te le ricordi le giornate passate a costruire i fortini nel bosco?
Te lo ricordi, quello era il tempo in cui giocavamo con le mani, mani che diventavano pistole, che costruivano capanne nel bosco, mani che diventavano l’arma per vincere a toccofulmine, mani che giocavano con palloni, biglie, mani per raccogliere frutti di bosco, funghi e fiori, mani per fare il solletico.
Te lo ricordi, era il tempo in cui guardavamo il mondo con gli occhi veri, e lo toccavamo, niente televisione, niente videogiochi, al massimo il flipper, ci guardavamo e ridevamo, occhi per giocare a nascondino, a strega di mezzanotte, occhi per fare a gara di trova la differenza, per vedere chi si muove ad un due tre stella, occhi per farci le boccacce di nascosto dagli adulti, occhi per guardare le stelle cadenti la notte di san Lorenzo.
Te lo ricordi, era il tempo in cui correvamo per fare qualsiasi cosa, per andare a cercare gli amici a casa, per fare le scale visto che l’ascensore era vietato ai bambini, gambe per giocare a pallone, per andare nel bosco, gambe per pedalare su quelle bici che fingevamo essere motociclette, ginocchia da sbucciare senza disinfettarle e continuare a giocare, gambe per spingere l’altalena più in alto, gambe per scappare giocando ad acchiapparella.
Te lo ricordi, era il tempo in cui tornavamo a casa alle sette di sera, il tempo in cui dall’una alle quattro non si poteva fare chiasso perché gli adulti riposano, il tempo in cui in sala lettura si andava solo a fare i compiti delle vacanze perché noi avevamo la sala giochi accanto alla lavanderia, il tempo in cui se non finisci quello che hai nel piatto non avrai l’altra portata, il tempo in cui si faceva merenda con il pane tostato dalla nonna, “la morale è sempre quella fai merenda con girella”, il tempo in cui i gelati confezionati erano una decina al massimo e ridevamo da pazzi con le barzellette del cucciolone.
Te lo ricordi, erano le serate passate a giocare a obbligo o verità, al dire fare baciare, se al gioco della bottiglia capitava bacio sulle labbra potevi dire di no perché era imbarazzante, era il tempo in cui eravamo bambini fino a 12 anni e se ti fidanzavi perché ti faceva sentire grande al massimo andavi a nasconderti per darti un timido bacino.
Te lo ricordi, i pantaloncini corti e le magliette a mezze maniche, le superga, i calzini fino al ginocchio così non ci pungevano le ortiche, i bambini che portavano gli occhiali erano semplicemente bambini e la prima cosa che chiedevi ad una nuova persona era il suo nome, il vestito carino per la messa a cui non volevamo andare, il cinema era il pomeriggio ed un grande evento mondano.
Te lo ricordi, come eravamo felici, come ridevamo, come ci inventavamo mille volte lo stesso gioco senza stancarci mai, come ogni cosa si trasformava in un’altra solo grazie alla fantasia, come i grandi ci sembravano grandi e strani, come era bello sentire il sole sulle guance arrossate dalla corsa, come sembrava difficile giocare a nomi cose e città.
Te lo ricordi, i primi gameboy con il tetris, Beverly Hills 90210, la MBK, le prime pubblicità progresso con “e questo di chi è?”, la polaroid, te lo ricordi come siamo diventati grandi? Come abbiamo perso la fantasia? Come abbiamo smesso di giocare guardandoci per giocare con una realtà virtuale? Come abbiamo smesso di usare l’alfabeto farfallino per passare agli SMS?
Te lo ricordi…

mercoledì 23 febbraio 2011

allora?


Mi dico che è il momento giusto e devo sbrigarmi.
Certo, sarebbe più facile se ci fosse un foglio di carta:
prenderei la penna e le parole non rimarrebbero incastrate in una vena del cervello o nella gola;
scenderebbero fino alla mano, sporcherebbero il foglio, ci resterebbero attaccate
con tutto quello che si portano dietro.
E’ il potere della pagina bianca, credo.
Ti risucchia e ti libera: è la tua possibilità di buttarti da un’altra parte.
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
“Allora…”mi chiedo io accendendo una sigaretta che non ho realmente voglia di fumare, ma si sa se davanti a te qualcuno fuma tu non potrai farne a meno.
Ho una trentina di racconti nascosti in qualche file del computer, più o meno altrettanti sulla miriade di fogli sparsi per la casa, centinaia di incipit mai completati, frasi a mezz’aria che mi girano in testa. Nulla di buono, nulla di vagamente somigliante a un buon lavoro.
“…ovviamente mi serve del tempo per rimettere in ordine il lavoro che sto finendo, mi sembra un buon lavoro - ecco che devo farmi venire l’idea geniale, ora, adesso, all’istante - è una…un…no, una raccolta di racconti e poesie a tema – ma che diamine dico – no, scusami, dicevo, è un buon lavoro, un ottimo lavoro. Al momento non posso anticiparti molto, come ho detto poco fa, devo ancora concludere la parte di assemblaggio e correzione, poi manca una presentazione, la scelta del titolo, ma ci sono! L’idea funziona, tutto procede alla grande, non mi fermo un attimo, scrivo in continuazione e le idee non fanno altro che fluire dalla testa alla penna, OPS alla tastiera haha – mi metto anche a fare il simpatico ora, sono nella merda più totale e mi metto anche a fare il simpatico- ecco diciamo che ho bisogno ancora…”
Grazie a Dio quel maledetto telefono comincia a squillare distraendo il mio editore, mi fermo a osservarlo mentre parla apparentemente da solo, ha uno di quegli auricolari senza filo all’orecchio e si sbraccia parlando alla finestra. Il suo riflesso nel vetro è quasi buffo, sembra somigliare sempre di più a una copia eterea di se stesso, un corpo agitato che muove le labbra senza suono, sembra quasi che discuta con la sua coscienza, ammesso che ne abbia una. Chissà se si rende conto dell’assurdità della scenetta cui sto assistendo.
Una giacca pretenziosa, ma da poco prezzo, la camicia mal abbinata alla cravatta, righe verticali su righe diagonali, ma non ce l’hai uno specchio a casa bello? Pantaloni di un completo vecchio che sicuramente non sono quelli della giacca da spezzato che indossa.
Viso giovane e bei lineamenti, peccato per l’espressione corrucciata, tutto moltiplicato per due, un editore reale che espira corpose boccate di fumo e uno che sembra galleggiare nell’aria tra i palazzi di Roma all’altezza del quarto piano, si muovono in sincronia ma uno è arrabbiato e l’altro sta saltellando nel vuoto prendendosi gioco del primo, facendogli il verso senza emettere suono: gne gne gne, bla bla bla sembra quasi che stia per fargli anche marameo.
Ok concentrati questo è il momento per farti venire quella maledetta idea non per giocare all’editore buono e all’editore cattivo con il riflesso della finestra, idea, idea, idea…
Una raccolta di racconti d’amore, oddio no trito e ritrito, una raccolta di racconti che sono legati perché il seguente comincia con l’ultima frase del precedente! No cretino, quello sarebbe un romanzo e non dei racconti…una raccolta di racconti dove il seguente comincia con l’ultima parola del precedente! NONE che idea stupida balorda e assolutamente adolescenziale…ogni racconto comincia con la lettera dell’alfabeto del suo numero, ma manco fossi Gianni Rodari…diavolo…
Ho bisogno di carta e penna, un bel foglio bianco e una bella penna che scorra facile, facile su di esso, riempire righe su righe di parole, occupare quel rettangolo vuoto con meravigliose frasi, creare una storia, lasciar macchiare l’inchiostro…sveglia concentrazione, idea, idea, idea
Potrei fingere di essere  molto in ritardo e guadagnare del tempo, ora mi alzo faccio un cenno che è tardi e vado via, però il cenno voglio farlo fare al mio io che galleggia fuori, devo calcolare il movimento per accordarmi alla luce in modo che mi rifletta sul vetro, chissà che angolo dovrei avere…cazzo la telefonata è conclusa ed io ho pensato solo stupidaggini sul riflesso della finestra…riflesso della finestra…finestra…riflesso…buono, cattivo…quello era il ritratto di Dorian Gray e l’hanno scritto un bel po’ di anni fa…
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
“Allora…”mi chiedo io accendendo una sigaretta che non ho realmente voglia di fumare, ma si sa se davanti a te qualcuno fuma tu non potrai farne a meno.

ombre

Hanno rotto il quotidiano
in un mondo che gronda sangue
per amori mai nati
per tesori mai scovati

danzano Ferite con mille pretendenti
dolori insostenibili, acuti, dilanianti
una festa un'armonia
il caos dell'illusione

un ultimo pensiero passeggia
si rigira, balla, volteggia
ora sfugge ora ritorna
non riesco a trattenerlo

ecco vola via, non potremo  mai saperlo

martedì 15 febbraio 2011

l'offerta di san valentino...

Scrivi, riscrivi, correggi, fatti venire delle idee brillanti (ovviamente in inglese), disturba le tue amiche (grazie amiche)  perché leggano le pallosissime cose che scrivi per capire se hanno effettivamente senso, infine corri velocissima a stampare e consegnare.
Ancora con il fiatone, ma orgogliosa di aver consegnato entro le fatidiche 6 di pomeriggio quei maledetti 4 fogli, esco quasi trotterellante dalla sede centrale del college, accenno una timida passeggiata per il centro già che ci sono ma purtroppo i negozi stanno chiudendo, il cielo imbrunisce rapido al nord e il freschetto piacevole della giornata di sole comincia diventare sempre più pungente, se non fossi dovuta correre così tanto avrei ricordato capello e guanti, quantomeno ho la sciarpa.
Continuo a camminare mentre la città si ritira, chi a casa, chi nel pub, chi corre cercando ancora un ultimo negozietto aperto: è il giorno di San Valentino e vedo passare uomini di ogni età con in mano fiori, palloncini, sacchetti di profumeria, ragazze di ogni età in abitini più o meno eleganti e ben truccate, coppie di ogni età che si tengono per mano e si guardano teneramente. Poi ci sono anche le persone come me, a cui non importa più di tanto, che vivono la giornata come un qualunque lunedì. 
Oggi sarebbe stato l'anniversario di matrimonio dei miei nonni "Sai Martina- mi diceva mia nonna- San Valentino è una festa che hanno inventato dopo che io e Renato ci siamo sposati, probabilmente solo per celebrare il nostro grande amore" per me questo giorno non ha altro significato che ricordare loro due.
Continuando a camminare mi accorgo che ho voglia di qualcosa di buono per cena, qualcosa che sicuramente non ho a casa, anche se ancora non ho deciso cosa voglio esattamente, casualmente sono di fronte a quel bel supermercato grande, grande, decido di entrare e di girovagare un pochino ricordandomi che ho finito l’ammorbidente.
All’inizio penso che devo comprare l’ammorbidente, il latte e forse uno sfizietto per cena quindi rinuncio al carrello e anche al cestino proseguendo quasi languidamente alla ricerca dell’essenziale, mai error fu più fatale.
Così girando tra i vari reparti continuo a notare offerte speciali per San Valentino, mi impongo di ignorarle, ma sono sempre di più, sempre più interessanti, girando ancora capisco che avrò bisogno almeno di un cestino e vado per prenderlo, quando eccola là: la padella per fare le crepes e i pancake corredata di accessori quali la “formina a cuore” e il dosatore che non ti fa cadere 700 goccioline come farebbe il mestolo, il tutto in un super saldo: solo 5 euro e gli immancabili 99 cent.

Provo, lo giuro provo a resistere, a camminare oltre cercando di consolarmi infilando nel cestino delle crocchette, i piselli surgelati e delle uova ripetendomi che non ne ho affatto bisogno visto che farò le crepes una volta l’anno e i pancake ancora meno, ma mentre cammino alla volta del banco frigo cercando il latte mi cade l’occhio sulla farina per pancake, anch’essa in offerta. 
E’ una maledetta congiura, il destino mi dice che devo avere quella padella. Mi fermo a guardare la confezione della farina, sembra interessante, niente lievito, bisogna solo aggiungere latte e uova, che sono casualmente già nel mio cestino, e poi con l’offerta compri 2 confezioni di farina a scelta a 2 euro invece che 2 e 45, in effetti conviene, poi volevo proprio comprare la farina per provare a cucinare gli scones (una specie di muffin irlandesi), ci penso ancora un attimo e infilo nel cestino anche quelli. 
Ma che mi basti la farina, non ho bisogno di quella padella va benissimo il padellino antiaderente che ho a casa.

Il mio giro per i reparti del supermercato continua fino a farmi tornare accanto alla pila delle famose padelle in offerta, fingo di non guardare mentre cerco dei cereali per cucinare una zuppa, proprio là accanto, ancora una volta ripeto come un mantra che “non ne ho bisogno, non mi serve, è inutile...non ne ho bisogno, non mi serve, è inutile...”
La mia mente a quel punto si sublima in un pensiero che in quell’istante mi appare geniale 

“questa è la padella che mamma desidera da una vita, la comprerò per lei per il suo compleanno, ne sarà felicissima!”

Così mi inganno per bene che è uno splendido regalo per mammina, che non la compro per me ma per rendere felice lei, anche se il suo compleanno è tra 2 mesi e sarà piuttosto complicato portare quella scatolona in viaggio, ma per il momento la scusante è valida, le motivazioni reggono e io sono così felice che dirigendomi alla cassa carica come un somaro, quando volevo solo 2 al massimo 3 cose, ho anche il coraggio di fermarmi davanti alle offerte speciali dei vini e mi concedo uno champagne al 50% di sconto per festeggiare la mia...ops di mammina...nuova padella.


N.B.
ovviamente appena ho messo piede in casa e le mie coinquiline hanno adocchiato la padella e sono riuscite a convincermi in circa 4 secondi netti che avrei dovuto comprare un’altra padella in offerta per mammina...