Mi dico che è il momento giusto e devo sbrigarmi.
Certo, sarebbe più facile se ci fosse un foglio di carta:
prenderei la penna e le parole non rimarrebbero incastrate in una vena del cervello o nella gola;
scenderebbero fino alla mano, sporcherebbero il foglio, ci resterebbero attaccate
con tutto quello che si portano dietro.
E’ il potere della pagina bianca, credo.
Ti risucchia e ti libera: è la tua possibilità di buttarti da un’altra parte.
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
Certo, sarebbe più facile se ci fosse un foglio di carta:
prenderei la penna e le parole non rimarrebbero incastrate in una vena del cervello o nella gola;
scenderebbero fino alla mano, sporcherebbero il foglio, ci resterebbero attaccate
con tutto quello che si portano dietro.
E’ il potere della pagina bianca, credo.
Ti risucchia e ti libera: è la tua possibilità di buttarti da un’altra parte.
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
“Allora…”mi chiedo io accendendo una sigaretta che non ho realmente voglia di fumare, ma si sa se davanti a te qualcuno fuma tu non potrai farne a meno.
Ho una trentina di racconti nascosti in qualche file del computer, più o meno altrettanti sulla miriade di fogli sparsi per la casa, centinaia di incipit mai completati, frasi a mezz’aria che mi girano in testa. Nulla di buono, nulla di vagamente somigliante a un buon lavoro.
“…ovviamente mi serve del tempo per rimettere in ordine il lavoro che sto finendo, mi sembra un buon lavoro - ecco che devo farmi venire l’idea geniale, ora, adesso, all’istante - è una…un…no, una raccolta di racconti e poesie a tema – ma che diamine dico – no, scusami, dicevo, è un buon lavoro, un ottimo lavoro. Al momento non posso anticiparti molto, come ho detto poco fa, devo ancora concludere la parte di assemblaggio e correzione, poi manca una presentazione, la scelta del titolo, ma ci sono! L’idea funziona, tutto procede alla grande, non mi fermo un attimo, scrivo in continuazione e le idee non fanno altro che fluire dalla testa alla penna, OPS alla tastiera haha – mi metto anche a fare il simpatico ora, sono nella merda più totale e mi metto anche a fare il simpatico- ecco diciamo che ho bisogno ancora…”
Grazie a Dio quel maledetto telefono comincia a squillare distraendo il mio editore, mi fermo a osservarlo mentre parla apparentemente da solo, ha uno di quegli auricolari senza filo all’orecchio e si sbraccia parlando alla finestra. Il suo riflesso nel vetro è quasi buffo, sembra somigliare sempre di più a una copia eterea di se stesso, un corpo agitato che muove le labbra senza suono, sembra quasi che discuta con la sua coscienza, ammesso che ne abbia una. Chissà se si rende conto dell’assurdità della scenetta cui sto assistendo.
Una giacca pretenziosa, ma da poco prezzo, la camicia mal abbinata alla cravatta, righe verticali su righe diagonali, ma non ce l’hai uno specchio a casa bello? Pantaloni di un completo vecchio che sicuramente non sono quelli della giacca da spezzato che indossa.
Viso giovane e bei lineamenti, peccato per l’espressione corrucciata, tutto moltiplicato per due, un editore reale che espira corpose boccate di fumo e uno che sembra galleggiare nell’aria tra i palazzi di Roma all’altezza del quarto piano, si muovono in sincronia ma uno è arrabbiato e l’altro sta saltellando nel vuoto prendendosi gioco del primo, facendogli il verso senza emettere suono: gne gne gne, bla bla bla sembra quasi che stia per fargli anche marameo.
Ok concentrati questo è il momento per farti venire quella maledetta idea non per giocare all’editore buono e all’editore cattivo con il riflesso della finestra, idea, idea, idea…
Una raccolta di racconti d’amore, oddio no trito e ritrito, una raccolta di racconti che sono legati perché il seguente comincia con l’ultima frase del precedente! No cretino, quello sarebbe un romanzo e non dei racconti…una raccolta di racconti dove il seguente comincia con l’ultima parola del precedente! NONE che idea stupida balorda e assolutamente adolescenziale…ogni racconto comincia con la lettera dell’alfabeto del suo numero, ma manco fossi Gianni Rodari…diavolo…
Ho bisogno di carta e penna, un bel foglio bianco e una bella penna che scorra facile, facile su di esso, riempire righe su righe di parole, occupare quel rettangolo vuoto con meravigliose frasi, creare una storia, lasciar macchiare l’inchiostro…sveglia concentrazione, idea, idea, idea
Potrei fingere di essere molto in ritardo e guadagnare del tempo, ora mi alzo faccio un cenno che è tardi e vado via, però il cenno voglio farlo fare al mio io che galleggia fuori, devo calcolare il movimento per accordarmi alla luce in modo che mi rifletta sul vetro, chissà che angolo dovrei avere…cazzo la telefonata è conclusa ed io ho pensato solo stupidaggini sul riflesso della finestra…riflesso della finestra…finestra…riflesso… buono, cattivo…quello era il ritratto di Dorian Gray e l’hanno scritto un bel po’ di anni fa…
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
“Allora…”mi chiedo io accendendo una sigaretta che non ho realmente voglia di fumare, ma si sa se davanti a te qualcuno fuma tu non potrai farne a meno.
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