mercoledì 23 febbraio 2011

allora?


Mi dico che è il momento giusto e devo sbrigarmi.
Certo, sarebbe più facile se ci fosse un foglio di carta:
prenderei la penna e le parole non rimarrebbero incastrate in una vena del cervello o nella gola;
scenderebbero fino alla mano, sporcherebbero il foglio, ci resterebbero attaccate
con tutto quello che si portano dietro.
E’ il potere della pagina bianca, credo.
Ti risucchia e ti libera: è la tua possibilità di buttarti da un’altra parte.
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
“Allora…”mi chiedo io accendendo una sigaretta che non ho realmente voglia di fumare, ma si sa se davanti a te qualcuno fuma tu non potrai farne a meno.
Ho una trentina di racconti nascosti in qualche file del computer, più o meno altrettanti sulla miriade di fogli sparsi per la casa, centinaia di incipit mai completati, frasi a mezz’aria che mi girano in testa. Nulla di buono, nulla di vagamente somigliante a un buon lavoro.
“…ovviamente mi serve del tempo per rimettere in ordine il lavoro che sto finendo, mi sembra un buon lavoro - ecco che devo farmi venire l’idea geniale, ora, adesso, all’istante - è una…un…no, una raccolta di racconti e poesie a tema – ma che diamine dico – no, scusami, dicevo, è un buon lavoro, un ottimo lavoro. Al momento non posso anticiparti molto, come ho detto poco fa, devo ancora concludere la parte di assemblaggio e correzione, poi manca una presentazione, la scelta del titolo, ma ci sono! L’idea funziona, tutto procede alla grande, non mi fermo un attimo, scrivo in continuazione e le idee non fanno altro che fluire dalla testa alla penna, OPS alla tastiera haha – mi metto anche a fare il simpatico ora, sono nella merda più totale e mi metto anche a fare il simpatico- ecco diciamo che ho bisogno ancora…”
Grazie a Dio quel maledetto telefono comincia a squillare distraendo il mio editore, mi fermo a osservarlo mentre parla apparentemente da solo, ha uno di quegli auricolari senza filo all’orecchio e si sbraccia parlando alla finestra. Il suo riflesso nel vetro è quasi buffo, sembra somigliare sempre di più a una copia eterea di se stesso, un corpo agitato che muove le labbra senza suono, sembra quasi che discuta con la sua coscienza, ammesso che ne abbia una. Chissà se si rende conto dell’assurdità della scenetta cui sto assistendo.
Una giacca pretenziosa, ma da poco prezzo, la camicia mal abbinata alla cravatta, righe verticali su righe diagonali, ma non ce l’hai uno specchio a casa bello? Pantaloni di un completo vecchio che sicuramente non sono quelli della giacca da spezzato che indossa.
Viso giovane e bei lineamenti, peccato per l’espressione corrucciata, tutto moltiplicato per due, un editore reale che espira corpose boccate di fumo e uno che sembra galleggiare nell’aria tra i palazzi di Roma all’altezza del quarto piano, si muovono in sincronia ma uno è arrabbiato e l’altro sta saltellando nel vuoto prendendosi gioco del primo, facendogli il verso senza emettere suono: gne gne gne, bla bla bla sembra quasi che stia per fargli anche marameo.
Ok concentrati questo è il momento per farti venire quella maledetta idea non per giocare all’editore buono e all’editore cattivo con il riflesso della finestra, idea, idea, idea…
Una raccolta di racconti d’amore, oddio no trito e ritrito, una raccolta di racconti che sono legati perché il seguente comincia con l’ultima frase del precedente! No cretino, quello sarebbe un romanzo e non dei racconti…una raccolta di racconti dove il seguente comincia con l’ultima parola del precedente! NONE che idea stupida balorda e assolutamente adolescenziale…ogni racconto comincia con la lettera dell’alfabeto del suo numero, ma manco fossi Gianni Rodari…diavolo…
Ho bisogno di carta e penna, un bel foglio bianco e una bella penna che scorra facile, facile su di esso, riempire righe su righe di parole, occupare quel rettangolo vuoto con meravigliose frasi, creare una storia, lasciar macchiare l’inchiostro…sveglia concentrazione, idea, idea, idea
Potrei fingere di essere  molto in ritardo e guadagnare del tempo, ora mi alzo faccio un cenno che è tardi e vado via, però il cenno voglio farlo fare al mio io che galleggia fuori, devo calcolare il movimento per accordarmi alla luce in modo che mi rifletta sul vetro, chissà che angolo dovrei avere…cazzo la telefonata è conclusa ed io ho pensato solo stupidaggini sul riflesso della finestra…riflesso della finestra…finestra…riflesso…buono, cattivo…quello era il ritratto di Dorian Gray e l’hanno scritto un bel po’ di anni fa…
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
“Allora…”mi chiedo io accendendo una sigaretta che non ho realmente voglia di fumare, ma si sa se davanti a te qualcuno fuma tu non potrai farne a meno.

un amore folle


Un amore folle, che segua il vento della passione, che comprenda, che si lasci andare che rida e giochi.
Non c’è spazio per la razionalità nell’amore, non c’è spazio per la convenienza e il controllo.
Desidera e ama come non hai mai pensato di poter fare, non una volta, non due, ma ogni giorno. 
Che faccia ridere, ballare, che dia un motivo per indossare un completino sexy e fare una lap dance, che lasci esplodere le sensazioni assecondandole.
Capirsi con uno sguardo, avere un segreto in comune, un piccolo codice, intimità, dolcezza, passione, voglie.
Bacia sconvenientemente in mezzo alla strada, sussurra frasi piccanti mentre sei in pubblico.
Ama follemente o non ha senso amarsi.


--

ombre

Hanno rotto il quotidiano
in un mondo che gronda sangue
per amori mai nati
per tesori mai scovati

danzano Ferite con mille pretendenti
dolori insostenibili, acuti, dilanianti
una festa un'armonia
il caos dell'illusione

un ultimo pensiero passeggia
si rigira, balla, volteggia
ora sfugge ora ritorna
non riesco a trattenerlo

ecco vola via, non potremo  mai saperlo

lunedì 21 febbraio 2011

Fritelle Salate con i Petali (V)


Per i più avventurosi del gusto o forse per i più romantici...sinceramente
non ho mai provato questa ricetta, anche e soprattutto perchè non ho
un giardino in cui questi fiori crescono senza pesticidi o altro ma sarei
molto curiosa di sapere come è, io ho mangiato alcune cose fatte con i
petali di rosa e di violetta e devo dire il gusto è stranamente invitante
quindi vi propongo una variante più che bucolica al solito "fritto vegetale"

Fritelle Salate con i Petali 
(Crisantemi, Violette, Calendule, Fiori di Giuda, Fiore di Borragine, Zucca)   

Ingredienti:
  • 150 gr. di farina
  • 3 cucchiai di olio d'oliva
  • 3 dl di acqua ghiacciata
  • 2 albumi montati a neve fermissima
  • sale
  • olio di girasole per friggere
Preparate la pastella con la farina, l'olio d'oliva, il sale e l'acqua. Lasciate riposare due ore, aggiungete gli albumi montati a neve fermissima, mescolate i petali dei fiori scelti e friggete a cucchiaiate in abbondante olio caldo, facendo attenzione a non farle bruciare.

giovedì 17 febbraio 2011

saper cucinare, o in questo caso semplicemente essere portatori di cibo, rende amati

Dicono che le donne sono il sesso debole in preda agli ormoni.
Apriamo una parentesi, senza mezzi termini, senza ipocrisie senza pudori.
Ci sono giorni in cui sembra che un martello pneumatico ti si sia piazzato in testa, mentre senti che il tuo corpo si sta stritolando da solo all’interno, il dolore è come una lama che ti attraversa fino alla schiena e si diffonde al resto del corpo, sai che un antidolorifico non farà svanire tutto ciò, lo allevierà, ma non svanirà. Eppure la dignità di ogni donna le impone di alzarsi dal letto alla solita ora, preparare la colazione, i figli, il lavoro, la spesa, insomma di continuare a fare quello che deve fare come qualsiasi altro giorno; tutto ciò in silenzio.
Inoltre perdiamo sangue, cosa che ci rende più deboli del solito, quindi la giornata sarà notevolemente più faticosa, ma non per questo smettiamo di fare quello che facciamo ogni giorno, sempre in silenzio.
Il cervello elabora in maniera costante, senza soluzione di continuità, una serie di parolacce e maledizioni contro il mondo, ma non le diciamo e continuiamo la giornata, sempre in silenzio.
Il seno è gonfio e dolorante, ma essendo educate non ci aggiustiamo in continuazione il reggiseno, e la giornata procede, sempre in silenzio.
La fame è spesso incontenibile, quando non abbiamo una vaga sensazione di nausea, ma sappiamo che mangiare più del normale è completamente ininfluente, quindi ci teniamo la fame o la nausea, e la giornata continua, sempre in silenzio.
La soglia di sopportazione rispetto all’intera umanità si abbassa considerevolmente, giustificata dal caos interiore a cui siamo fisicamente sottoposte, per questo stiamo, o almeno cerchiamo di stare, in silenzio.
Ogni donna sa che se la bestia che è dentro di lei viene in qualche modo, anche in minima parte, a galla sarà impossibile intrappolarla di nuovo, così decide di stare in silenzio. 
Fino a che qualche povero imbecille, purtroppo è sempre un uomo, non fa o dice qualcosa di assolutamente e, purtroppo, quotidianamente stupido. In altri momenti avremmo potuto ignorare la cosa a caso che ogni giorno puntualmente accade forti della nostra meravigliosa integrità fisica, ma in questo caso un mugugno o l’insofferenza traspireranno dalle nostre parole. 
Così l’imbecille di turno ridurrà il tutto alla fatidica frase “ma che ti prende?che hai il ciclo?perché se è così manco ci parlo con te”
Questa frase, o frasi simili, scateneranno l’ira funesta della donna che avete di fronte, che ha fatto del su meglio dal suo risveglio per stare in silenzio, sapendo che aprire bocca sarebbe stato solamente dannoso alla sua salute psicofisica e ancora più dannoso alla salute psicofisica di chiunque le si trovi a tiro.
Punto primo: chi non ha un utero non ha il diritto di poter neanche vagamente commentare sulla tragedia del ciclo riproduttivo femminile e su ciò che ne consegue, figuriamoci se può anche solo vagamente ridurre la complessità di una donna e la sua meraviglia a quei 4 giorni denigrando così la sua essenza di essere vivente e pensante per ridurla ad una stupida questione ormonale.
Punto secondo: è assolutamente giusto che una volta al mese voi uomini vi rendiate conto di quanta pazienza ci voglia a sopportarvi tutto il resto dei giorni. Ringraziate Iddio che la ragionevole perdita della pazienza nei vostri confronti sia limitata solo ad una piccola parte del tempo totale che trascorriamo con voi
Terzo e ultimo punto: se anche solo per un’ora voi poteste provare ad utilizzare un tampax sicuramente rivalutereste molte cose cominciando dall'ammirare e santificare le donne, considerandole esseri superiori a tutti gli effetti.

N.B. in realtà è molto facile non incappare in queste situazioni, basta il buonsenso di pensare, sì lo so che la storia del pensare non è il vostro forte, quindi vi svelo un trucco: il 90% delle volte della semplicissima cioccolata offerta con gentilezza e un po' di galanteria basta a farci sentire amate e coccolate abbastanza da riuscire a farvi sopportare...si ritorna sempre al mio punto favorito: saper cucinare, o in questo caso semplicemente essere portatori di cibo, rende amati!

mercoledì 16 febbraio 2011

LE PAROLE “FERISCONO” (non è solo questione di emotività)

da http://www.portup.net/index.php?option=com_content&task=blogcategory&id=67&Itemid=103

PUBBLICATO SUL MENSILE WHAT'S UP

LE PAROLE “FERISCONO” (non è solo questione di emotività)

di Martina Celleno



I neurobiologi dell'Università di Jena, in Germania, sono giunti alla conclusione che le parole possano ferire e provocare dolore più di quanto immaginiamo. Dopo aver analizzato la "materia grigia" per misurare la sofferenza individuale a stimoli verbali negativi, l'equipe del professore Thomas Weiss è arrivata alla conclusione che gli stimoli verbali "accendono" le stesse aree cerebrali di quando ci si fa "male". I pazienti hanno ascoltato termini spiacevoli o in qualche modo collegati alla comune idea del dolore fisico lasciando modo agli studiosi di poter osservare le reazioni fisiologiche che questi stimoli hanno scatenato. I risultati sono soprendenti. Ne parliamo con lo stesso prof Thomas Weiss, raggiunto in Germania da What’s Up.

Come è nata l'idea studiare le similitudini tra il "dolore fisico" ed il dolore causato dalle parole pronunciate?

L'idea è nata durante una discussione sul funzionamento del cervello. Al momento crediamo che la memoria sia organizzata come una serie di reti distribuite nel cervello che hanno bisogno di uno stimolo per essere attivate. Se è così, ci si potrebbe ragionevolmente aspettare che le parole e il dolore fisico attivino, almeno in parte, le stesse reti che costituiscono la cosiddetta “matrice del dolore”.


Come avete sviluppato la ricerca?

Abbiamo analizzato i questionari riguardo a temi ben definiti e compilati dal personale che lavora in ambulanza, quindi quotidianamente a contatto con il dolore. Quindi organizzato le parole in categorie: neutro , positivo e negativo. I risultanti 156 aggettivi sono stati poi ulteriormente valutati da 30 soggetti relativamente alla loro validità, all'eccitazione provocata e alla affinità con il dolore. Abbiamo così scelto 10 parole di ogni categoria per lo studio definitivo.


Quali di queste parole hanno creato il maggior "dolore"?

La categoria più interessante è quella delle parole collegata al dolore fisico. Le parole utilizzate sono state “atroce”, “paralizzante”, “estenuante”, “allettante”, “affliggono”, “pungente”, “spremitura”, “foratura”, “coliche” e “crampi”. Questi termni appartengono alla comune descrizione ed immagine del dolore. Nel complesso, il più profondo "dolore" si è riscontrato con la parola "straziante", anche se abbiamo notato una enorme varianza individuale.



Nell'opinione pubblica è noto alcune parole possono essere veramente dolorose se a pronunciarle è chi ci è vicino. Ora sappiamo che la reazione non è solamente emotiva, ma ha anche una componente fisiologica. Quanto conta invece il contesto?


Penso che siano egualmente importanti, il significato e il contesto. Il significato puro dei termini può effettivamente cambiare la nostra percezione del dolore, un po' come quando sentiamo il trapano del dentista e sappiamo che proveremo dolore. L'organizzazione del nostro cervello risponde a stimoli che conosce.


Esistono differenze tra uomini e donne nel vostro studio?

Non ho una risposta ancora, il nostro gruppo di soggetti, 16 di cui 8 donne, era troppo limitato per valutare delle differenze di genere.


A livello puramente pratico e di sensazioni: il dolore derivato dalle parole come è paragonabile a quello fisico?

Il risultato non è identico in questo studio. Abbiamo solamente trovato una chiara attivazione delle stesse aree del cervello, nessuno dei soggetti ha provato un dolore "fisico reale" durante lo studio. Crediamo quindi che le parole stimolino queste strutture cerebrali al di sotto della soglia della percezione.


Crede che sarà possibile con il tempo trovare qualche "parola magica" in grado di alleviare il dolore cronico?

Purtroppo no. Ci sono parole che possono alleviare il dolore non troppo forte, parole con un significato emotivamente positivo, ma non ci sono parole magiche. Queste parole e l'immaginazione sono già ampliamente utilizzati nella terapia del dolore psicologico. Ma non bisogna dimenticare che il dolore è essenziale per sopravvivere, nella sua fase acuta ha un ruolo di allarme fondamentale per l'organismo.


Potrebbe nascere, grazie ai risultati ottenuti da lei e dalla sua equipe, una nuova branca della medicina che studi la comunicazione verbale affiancando la medicina tradizionale?
Penso che sia una visione troppo ottimista. Ci auguriamo però che personale sanitario e pazienti pensino un po' di più al modo di comunicare tra loro. Il personale sanitario dovrebbe coinvolgere il paziente nelle decisioni offrendo le migliori opzioni possibili. Come è oramai noto l'aspettativa di alleviare il dolore si può attuare attraverso varie strategie, come indurre effetti placebo.


Crede che prima o poi si arriverà anche ad inventare un antidolorifico per le brutte notizie?
Spero che un giorno le brutte notizie saranno meno comuni di quelle buone. Un tale cambiamento nella coscienza sociale sarebbe un grande passo avanti per questo tipo di antidolorifico.

martedì 15 febbraio 2011

l'offerta di san valentino...

Scrivi, riscrivi, correggi, fatti venire delle idee brillanti (ovviamente in inglese), disturba le tue amiche (grazie amiche)  perché leggano le pallosissime cose che scrivi per capire se hanno effettivamente senso, infine corri velocissima a stampare e consegnare.
Ancora con il fiatone, ma orgogliosa di aver consegnato entro le fatidiche 6 di pomeriggio quei maledetti 4 fogli, esco quasi trotterellante dalla sede centrale del college, accenno una timida passeggiata per il centro già che ci sono ma purtroppo i negozi stanno chiudendo, il cielo imbrunisce rapido al nord e il freschetto piacevole della giornata di sole comincia diventare sempre più pungente, se non fossi dovuta correre così tanto avrei ricordato capello e guanti, quantomeno ho la sciarpa.
Continuo a camminare mentre la città si ritira, chi a casa, chi nel pub, chi corre cercando ancora un ultimo negozietto aperto: è il giorno di San Valentino e vedo passare uomini di ogni età con in mano fiori, palloncini, sacchetti di profumeria, ragazze di ogni età in abitini più o meno eleganti e ben truccate, coppie di ogni età che si tengono per mano e si guardano teneramente. Poi ci sono anche le persone come me, a cui non importa più di tanto, che vivono la giornata come un qualunque lunedì. 
Oggi sarebbe stato l'anniversario di matrimonio dei miei nonni "Sai Martina- mi diceva mia nonna- San Valentino è una festa che hanno inventato dopo che io e Renato ci siamo sposati, probabilmente solo per celebrare il nostro grande amore" per me questo giorno non ha altro significato che ricordare loro due.
Continuando a camminare mi accorgo che ho voglia di qualcosa di buono per cena, qualcosa che sicuramente non ho a casa, anche se ancora non ho deciso cosa voglio esattamente, casualmente sono di fronte a quel bel supermercato grande, grande, decido di entrare e di girovagare un pochino ricordandomi che ho finito l’ammorbidente.
All’inizio penso che devo comprare l’ammorbidente, il latte e forse uno sfizietto per cena quindi rinuncio al carrello e anche al cestino proseguendo quasi languidamente alla ricerca dell’essenziale, mai error fu più fatale.
Così girando tra i vari reparti continuo a notare offerte speciali per San Valentino, mi impongo di ignorarle, ma sono sempre di più, sempre più interessanti, girando ancora capisco che avrò bisogno almeno di un cestino e vado per prenderlo, quando eccola là: la padella per fare le crepes e i pancake corredata di accessori quali la “formina a cuore” e il dosatore che non ti fa cadere 700 goccioline come farebbe il mestolo, il tutto in un super saldo: solo 5 euro e gli immancabili 99 cent.

Provo, lo giuro provo a resistere, a camminare oltre cercando di consolarmi infilando nel cestino delle crocchette, i piselli surgelati e delle uova ripetendomi che non ne ho affatto bisogno visto che farò le crepes una volta l’anno e i pancake ancora meno, ma mentre cammino alla volta del banco frigo cercando il latte mi cade l’occhio sulla farina per pancake, anch’essa in offerta. 
E’ una maledetta congiura, il destino mi dice che devo avere quella padella. Mi fermo a guardare la confezione della farina, sembra interessante, niente lievito, bisogna solo aggiungere latte e uova, che sono casualmente già nel mio cestino, e poi con l’offerta compri 2 confezioni di farina a scelta a 2 euro invece che 2 e 45, in effetti conviene, poi volevo proprio comprare la farina per provare a cucinare gli scones (una specie di muffin irlandesi), ci penso ancora un attimo e infilo nel cestino anche quelli. 
Ma che mi basti la farina, non ho bisogno di quella padella va benissimo il padellino antiaderente che ho a casa.

Il mio giro per i reparti del supermercato continua fino a farmi tornare accanto alla pila delle famose padelle in offerta, fingo di non guardare mentre cerco dei cereali per cucinare una zuppa, proprio là accanto, ancora una volta ripeto come un mantra che “non ne ho bisogno, non mi serve, è inutile...non ne ho bisogno, non mi serve, è inutile...”
La mia mente a quel punto si sublima in un pensiero che in quell’istante mi appare geniale 

“questa è la padella che mamma desidera da una vita, la comprerò per lei per il suo compleanno, ne sarà felicissima!”

Così mi inganno per bene che è uno splendido regalo per mammina, che non la compro per me ma per rendere felice lei, anche se il suo compleanno è tra 2 mesi e sarà piuttosto complicato portare quella scatolona in viaggio, ma per il momento la scusante è valida, le motivazioni reggono e io sono così felice che dirigendomi alla cassa carica come un somaro, quando volevo solo 2 al massimo 3 cose, ho anche il coraggio di fermarmi davanti alle offerte speciali dei vini e mi concedo uno champagne al 50% di sconto per festeggiare la mia...ops di mammina...nuova padella.


N.B.
ovviamente appena ho messo piede in casa e le mie coinquiline hanno adocchiato la padella e sono riuscite a convincermi in circa 4 secondi netti che avrei dovuto comprare un’altra padella in offerta per mammina...

lunedì 14 febbraio 2011

Quando una società...

Quando una società prima rifiuta i propri figli appellandoli come stupidotti che non hanno valore, massacrando un sistema scolastico già in crisi, togliendo passo passo il diritto allo studio promuovendo una cultura di classe in base a quello che hanno i nostri padri, negando la possibilità di un livellamento basato sulle capacità, privilegiando chi ha belle gambe e una certa disponibilità (stavolta non economica), questa società si priva del proprio futuro, si autodistrugge.
Ancora più quando una società rifiuta e denigra le proprie donne che urlano a gran voce di avere dignità, pari dignità che chiunque altro, appellandole come faziose, ancora stupidotte perché strumentalizzate, negando loro la possibilità di affermarsi per i loro meriti, preferendo uomini nei posti di lavoro (a qualsiasi livello), denigrando e massacrando le loro capacità solo perché potrebbero voler essere madri, zittendo chi contesta il potere con stupidi commenti estetici, sfruttando le loro difficoltà, pagando i loro silenzi o le loro affermazioni, elevando a dei in terra donne che abbassano la testa davanti al denaro e la potere, massacrando ciò per cui le nostre madri hanno lottato, le nostre nonne hanno combattuto, questa società si priva della propria dignità, ancora una volta si autodistrugge.
Quando una società si lascia abbattere dal potere dell'ignoranza, della corruzione, finge di non vedere fino a che è troppo tardi, lascia correre ogni palese illegalità, lascia che la sua immagine sia sporca, ridicola, inattendibile, malata, lascia che i suoi figli se ne vadano, lascia che le sue donne si vergognino, lascia che padri vendano le figlie, che ragazzi si vendano a ricatti morali o di retribuzione per poter lavorare (i più fortunati), lascia che gli anziani sopravvivano a malapena dopo una vita di lavoro, con solo pochi fortunati (o farabutti) che si autoregolano legiferando a loro giudizio, piacimento e vantaggio, questa società perde di essenza, di nuovo si autodistrugge.
Quando una società non ascolta la voce che sale forte e decisa dalle loro stesse voci questa società non esiste più perché l'unico caso in cui può verificarsi questo è che la società sia già distrutta e spersa come individui singoli che non riescono più a vedersi come parte della stessa comunità.

venerdì 11 febbraio 2011

pensieri

Una nuvola sul cielo
adagiata a coprire il mondo.
Filtro di luce
per non pensare all'oltre.

Nel buio ti sento
delicato sospiro.
Apro gli occhi e ti guardo
solo un grido lontano.

giovedì 10 febbraio 2011

polpette veloci alla Iaia

più facile a farsi che a dirsi:

prendere della carne macinata, tagliare sottile sottile (che non puoi dire di no) un po' di cipolla (a seconda del gusto più o meno) aggiungere un po' di erbette, sale e pepe q.b. (quanto basta), un po' di pangrattato e un uovo.
Mettete a scaldare una padella con un filo d'olio, fate le polpettine, anche un po' spiattellatine così si cuociono meglio (forse dovrei cambiare nome in hamburger popettati o polpette hamburgerate, ci penserò su) dare una veloce infarinata e mettere a rosolare in padella prima a fuoco medio cosicchè si cuociano bene anche dentro e solo alla fine alzare la fiamma per rosolarle e "croccantarle" un pochino.

ebbene sì questa è stata la mia cena di stasera accompagnata con verdurine miste al forno condite (prima di metterle in forno) con una marinata fatta da olio, limone, vino bianco, pepe, menta, prezzemolo e basilico tritati, tutto frullati con un mixer ad immersione (non le verdure ma la marinata)

enjoy!!!!

N.B. quando mi stufo di fare le polpette ne faccio un polpettone da cuocere in forno, è buono anche quello

mercoledì 9 febbraio 2011

la vita in cucina...part two

Altra dote fondamentale, in cucina quanto nella vita quotidiana, è l'elasticità mentale. Gli ingredienti e le quantità possono variare a seconda del gusto e della disponibilità, chiunque abbia un minimo di esperienza in cucina sa che leggere una ricetta il 99% della volte serve solo per avere un'indicazione di massima su come cucinare quel piatto, quello che io consiglio (ed essendo nell'era di internet è piuttosto facile) è di leggerne sempre almeno 2-3 ricette differenti per lo stesso piatto e poi decidere quale vi sembra più ragionevole o fattibile.
Se vi state preparando per una serata e (questo esempio lo capiranno le donne più degli uomini) vi accorgete all'ultimo minuto che  il tacco delle scarpe che vorreste mettere è rotto dovrete cambiarle con un altro, altrettanto carine, adatte alla serata, al vestito e agli altri accessori ma diverse. Il punto è proprio questo: nel cambiare ingrediente dovete sceglierne uno che abbia caratteristiche simili al primo.
Ovviamente ci sono delle accortezze, se la regola del "cambia o aggiungi l'ingrediente che vuoi" è più o meno valida e di semplice attuazione per qualsiasi piatto salato, per i dolci è una questione di gran lunga più complicata.
Cucinare dolci è sempre un discorso a parte, il mio consiglio è:
- se non avete esperienza (o ne avete poca) seguite PEDISSEQUAMENTE la ricetta che avete scelto, senza distrazione, variazione o cambio alcuno.
I dolci sono piccoli gioielli di equilibrio tra gli ingredienti, come reagiscono le molecole dei vari ingredienti è spesso fondamentale per la loro riuscita, spesso addirittura l'ordine con cui devono essere aggiunti può fare la differenza.
Quindi se non siete più che sicuri di voi stessi lasciate perdere inventiva ed improvvisazione.
Per fare un esempio di vita i dolci sono come il vostro computer: se si rompe non lo smontate  da soli cercando di aggiustarlo, o ne comprate uno nuovo (cambiate ricetta) o chiamate un tecnico (seguite delle istruzioni precise), solo chi è talmente padrone della materia da essere sicuro di non perdere tutti i propri dati smonta il suo computer e lo aggiusta da solo.

DONNE: QUANTO È DIFFICILE RAGGIUNGERE L’ORGASMO Lo sostiene una ricerca dell'Università di Pavia secondo la quale un terzo delle intervistate soffre un calo del desiderio.

Pubblicato sul mensile "what's up"
http://www.portup.net/index.php?option=com_content&task=blogcategory&id=67&Itemid=103

DONNE: QUANTO È DIFFICILE RAGGIUNGERE L’ORGASMO
Lo sostiene una ricerca dell'Università di Pavia secondo la quale un terzo delle intervistate soffre un calo del desiderio.

di Martina Celleno

Il benessere generale rappresenta da sempre la preoccupazione più diffusa nelle società umane. Negli ultimi tempi, però, il concetto stesso di benessere ha vissuto una brusca mutazione, fagocitando al suo interno ambiti che finora gli erano stati preclusi: in questo senso anche una vita sessuale sana ha cominciato a rappresentare un indice per definirlo, e sempre più spesso di questo aspetto cominciano a occuparsi istituzioni e scienza medica.
Eppure, la trasformazione non è affatto completa. Da un recente studio dell'Università di Pavia, ad esempio, emerge che oggi quasi un terzo delle donne soffre di calo del desiderio o di anorgasmia (difficoltà parziale o totale a raggiungere l'orgasmo). A peggiorare le cose, la maggior parte delle intervistate nel corso dello studio non era neanche a conoscenza del problema.
Abbiamo chiesto delucidazioni in merito al Prof. Emilio Arisi, Presidente della SMIC (Società Medica Italiana Contraccezione).

Professore, nelle ultime settimane si è parlato molto di sessualità femminile perché, secondo uno studio dell'Università di Pavia, un terzo delle donne italiane soffrirebbe di calo del desiderio e della libido. Cosa ci può dire, al riguardo?
Il problema del calo del desiderio sessuale è un fatto che riguarda in generale la donna di oggi, più spostata verso la corporeità del rapporto di coppia che verso la sua parte psicologica, pur non rifiutandola. Si tratta di una conseguenza dell'"impostazione consumistica" applicata anche alle relazioni umane.
 
Quanto, secondo lei, coinvolge le giovani?
Tutto ciò coinvolge sicuramente le giovani. Semplicemente perché anche loro sono coinvolte nella ricerca del ‘risultato subito'.
 
Purtroppo sono in crescita anche altre patologie, tipicamente femminili, come alterazione del ciclo, disturbi dell'umore, infertilità ed endometriosi.
Molti problemi, in particolare quelli su base psicologica, sono certamente in crescita quale correlato dello stress indotto dal moderno modello di vita, mentre altri problemi sono certamente meglio evidenziati da una maggiore informazione che rende la donna e la giovane più attenta a sé stessa ed alle sue funzioni. Entrano poi in gioco altri fattori.

Quali?
Ad esempio, per quanto riguarda l'aumento dell'infertilità, si sovrappongono certamente elementi correlati con lo stress, che è uno dei nemici più grandi dell'equilibrio ormonale, ad altri come la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, alcune delle quali, in particolare la Clamidia, possono portare a una riduzione della fertilità.
 
Questi disturbi come condizionano la vita delle ragazze di oggi?
Pur se condizionate, le adolescenti per loro natura non sono molto attente a questi problemi e difficilmente si pongono ad analizzare i risultati dei loro comportamenti in termini di prospettiva di vita futura.
 
Parliamo di contraccezione: è stata da poco presentata una pillola anticoncezionale di ultima generazione a base di drospirenone. In parole povere, cos'è?
Oggi le donne e le giovani in particolare hanno a disposizione moderne pillole, che dovrebbero permettere loro una più serena gestione della sessualità. In particolare la pillola con drospirenone, un progestinico derivato da un diuretico, possiede alcune caratteristiche tali da soddisfare i desideri delle più giovani. Infatti questo progestinico è antiandrogeno: dunque capace di combattere acne, pelle grassa e peluria abbondante. Al tempo stesso si è visto che con questa pillola le ragazze non aumentano di peso, altro problema temuto dalle donne giovani o meno giovani. Infine il drospirenone è un ormone capace di combattere efficacemente la sindrome premestruale.
 
Per concludere: la vita sessuale delle donne di oggi è la stessa delle loro nonne oppure si è trasformata nel tempo? E se c'è una sorta di evoluzione, a livello psicofisico cosa dovranno aspettarsi le bambine che nascono oggi?
Ovviamente le modalità del sesso sono sempre uguali a quelle delle nostre nonne. Ciò che è cambiato è il fatto che le donne di oggi possono ‘combattere' il destino riproduttivo che ‘feriva' le nonne usando le moderne pillole. Un altro problema è certamente la grande diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, poco note alle nostre nonne, anche se non mancavano nemmeno allora, basti ricordare la sifilide. Oggi però queste malattie, dall'AIDS alla Clamidia, hanno una diffusione epidemica, e va ricordato che l'unico modo per limitarle è l'uso del preservativo maschile. Si può così attuare la doppia protezione dalle gravidanze non desiderate e dalle malattie sessualmente trasmesse utilizzando insieme pillola e preservativo, perché la donna ha il diritto e il dovere di proteggersi.

martedì 8 febbraio 2011

STRUDEL VELOCE con i consigli della nonna (V)

Oggi ho una cena da preparare e poco tempo così ricercando nel mio quadernino delle ricette ho ritrovato questa che non faccio da tempo ma che è semplice, veloce, buona e soprattutto finge di essere qualcosa a cui hai lavorato molto.

Dunque la ricetta originale dice:

"fare un impasto con farina uova e acqua e tirare la sfoglia sottile. Tagliare mele e/o pere a dadini mescolandole con frutta secca, pinoli ed un paio di cucchiai di zucchero. Fare dei fagottini a porzione singola con il ripieno e la pasta ed infornarli per 10 minuti in un forno già caldo"

Ovviamente questi sono i miei appunti, le dosi non sono specificate poiché variano a seconda del numero degli invitati, darò per scontato che sappiate regolarvi ad occhio sulle dosi della pasta ma posso dire che più o meno ad ogni 100/150 gr di farina corrisponde un uovo e la consistenza giusta la trovate aggiungendo un po' d'acqua nell'impasto per bilanciarne la morbidezza.
Aggiungo anche che se la sfoglia è tirata molto molto sottile il modo migliore per fare i fagottini senza rompere l'impasto è poggiare su un canovaccio (pulito!!!) la sfoglia già tagliata, mettere al centro il ripieno e avvoltolare il tutto tramite canovaccio invece che tirando la pasta (questo è fondamentale con uno strudel grande più che con quelli piccolini)
La temperatura del forno varia da forno a forno ma direi che più o meno potrebbe essere una decina di minuti a 180 gradi e se è il caso un paio al massimo per "croccantare" il tutto.


Dopo i miei consigli aggiungo quelli della nonna (la mia nonna che da brava trentina di strudel ne sapeva un bel po' più di me):

0. mai impastare da seduti!
1. aggiungere al ripieno dei fiocchetti di burro per renderlo più cremoso
2. aggiungere un fili d'olio nell'impasto per renderlo più elastico
3. spolverare i fagottini con del pangrattato prima di metterli in forno

N.B. i consigli della mia nonna sono protetti da diritto d'autore ;)

e ora enjoy!!!!

martedì 1 febbraio 2011

la vita in cucina...part one

In cucina ci sono piccole accortezze che distinguono un buon piatto da uno ottimo, dettagli come nella vita.
Primo fra tutti quando si decide di cucinare bisogna prendersi il tempo necessario, come per ogni altra attività, se non si ha tempo a sufficienza dimenticate immediatamente di ottenere un ottimo (a volte neanche buon) risultato.
Nessuno pianificherebbe un viaggio Roma NY di 24 ore come a nessuno piace una pietanza semicruda o un pastrocchio velocemente messo insieme: cambiate mèta e cambiate ricetta.
Avere tempo è condizione necessaria NON sufficiente, bisogna avere pazienza, molta pazienza, ogni ingrediente ha suoi tempi di cottura e di lavorazione. “A fuoco basso per 15 minuti” NON è mai uguale a “a fiamma alta per 5 minuti” (MAI), anche una piccola semplice indicazione che trovi nella ricetta della nonna, almeno la mia queste cose le scriveva, come “lasciar riposare per almeno 20 minuti” non è mai uguale ad “inforna immediatamente”.
La pazienza è caratteristica di amore, solo chi ama qualcuno o qualcosa sa aspettare il tempo necessario, in cucina come nella vita, dovrete quindi amare ciò che cucinate o almeno per chi cucinate.